20 Maggio 2013

Noi…un anno dopo il Sisma

By Aria

In questa foto è ….esattamente un anno fa.
Il giorno 19 Maggio 2012: la vigilia ignara e spensierata.

 Qualche ora prima, infatti, sono stata dalla parrucchiera, e nel pomeriggio mi sono preparata assieme alla mia famiglia per partecipare ad un matrimonio.
Le nozze sono state celebrate nel Duomo del mio paese, dove ho cantato nel coro fino all’adolescenza, e mentre mi commuovevo per il sì degli Sposi non avrei certo mai pensato che quello sarebbe stato l’ultimo giorno che l’avrei visto dall’interno fino…a data da destinarsi.

Subito dopo la cerimonia ci siamo trasferiti in un bel luogo del mio paese e abbiamo cenato e festeggiato fino a tarda notte: all’1 siamo tornati a casa con i bambini da mattere a letto e quel rumore nel dormiveglia, quella vibrazione un pò anomala…avrebbero potuto essere per orecchie molto stanche il passaggio di un camion in una notte di quasi estate…raro ma plausibile.
“Vado comunque a vedere” ho detto a mio marito. E sono scesa in cortile.
Lì, c’era il mio vicino impaurito, in pigiama che cercava di scusarsi e a pochi passi la mia vicina ancora più impaurita che mi confermava:
“è stata una scossa di terremoto, si si”.

Ne avevamo sentita una anche l’estate precedente, mentre cenavamo fuori, poi tutto si era risolto, e quindi sono risalita in camera per informare mio marito che stava già dormendo.

Non era troppo preoccupato. Io sì. Ma mi sono addormentata comunque.
Verso le 2 Anais è arrivata in camera molto agitata. “Voglio dormire qui con te” mi ha supplicata, e quindi l’ho dirottata verso il lettino con le sbarre che avevamo in fondo ai piedi del nostro letto: sarebbe dovuto servire a Gioele, in questi ultimi 3 anni, ma Gioele non si è mai svegliato di notte nemmeno appena portato a casa dall’ospedale.
Non riuscivo a prender sonno: mi sentivo in colpa.
Quante volte Anais era venuta in camera nostra a dormire?  Centinaia oserei.
Eppure quella notte era diversa: Anais era così agitata e quella scossa
mi aveva preoccupata e non poco.
Sono andata nella cameretta per svegliare Gioele e portarlo nel lettone con me, ma dormiva così beatamente! Gli ho dato un bacio e poi sono tornata sotto le coperte. E HO PREGATO. 
UNA VOCE DENTRO MI SPINGEVA A FARLO, INVOCANDO L’AIUTO DEL CIELO PER IL FATTO CHE AVEVO DIVISO I MIEI FIGLI….E SPERANDO CHE A NESSUNO DI LORO SUCCEDESSE QUALCOSA. 
POI, TRA LE LACRIME E L’INCREDULITA’ STESSA DEI MIEI PENSIERI,
MI SONO RIADDORMENTATA

Il rumore non ve lo posso descrivere.

E’ un rumore inumano, inaudito, mai nemmeno pensato dalla mia testa prima d’ora.
 Il letto barcollava fortissimamente ma il rumore sovrastava la percezione del movimento, sembrava che questo rombo spaventoso potesse entrarci in casa e farci esplodere e per un lungo attimo ci siamo chiesti davvero se non fosse un’esplosione: nel mentre eravamo già schizzati nella cameretta dei bambini, senza parlarci, senza capire cosa stava succedendo, senza accorgerci che non c’era la corrente elettrica ma si erano accese le luci di emergenza,
 senza vedere inizialmente che era tutto rotto per terra: 
l’unico pensiero era prenderci i bambini tra le braccia.

GIOELE DORMIVA ANCORA, LO PRELEVAI DI FORZA E ME LO PRESI IN BRACCIO MENTRE DIEGO GUARDAVA ESTERREFATTO IL LETTINO DI ANAIS DOVE NON SI CAPIVA NIENTE…L’ARMADIO ERA CADUTO SOPRA DI ESSO E DI LEI NESSUNA TRACCIA….DIEGO SCAVAVA CON LE SUE MANI TRA ANTE, SPECCHI E VESTITI E IO URLAVO, URLAVO, URLAVO E PIANGEVO COME UNA PIAZZA E GLI CHIEDEVO: 

DOV’E’??? DIEGO DOV’E’????

PIANGO ANCHE ORA MENTRE SCRIVO.
La casa continuava a vacillare, tutto si rompeva in mille pezzi,
anche Diego gridava adesso, la chiamavamo poi…
poi mi sembrò in un istante di aver perso dieci anni di vita e mi ricordai che stava dormendo nella nostra stanza: era là, in piedi nel lettino, incredula, confusa….
Perchè non me lo ero ricordata? Il panico si era impossessato di me.

Diego corse a prenderla e corremmo giù dalle scale mentre la casa tremava, tremava….a terra vetri e cocci da calpestare scalzi e in pigiama fino ad uscire finalmente fuori mentre tutti piangevano, urlavano, e avevano le facce bianche di paura…e fino a capire che eravamo stati nella nostra casa per  interminabili minuti che, come potete vedere dala tabella qui sotto possono essere assorbiti in un’unica grande onda di terrore e panico.
Noi non distinguevamo le singole scosse, eravamo sempre in bilico.
Per tutto il giorno si sono susseguite, ma queste sono state le più forti, le più crudeli, quelle che ci hanno fatto violenza nel sonno.

 Una cosa era certa: quando ci siamo svegliati il peggio era già avvenuto: tutti i cassetti e le ante dei mobili erano già aperte, l’armadio in camera di Anais era già caduto, quello matrimoniale stracolmo in camera nostra si era spostato di un metro, tutti i piatti, bicchieri e soprammobili al piano sotto erano già frantumati a terra: e noi eravamo salvi per miracolo e non saremmo usciti se non tutti insieme, è stato un istinto più grande di noi.
Finchè non avessi trovato Anais non sarei uscita di casa nemmeno con Gioele in braccio: bene o male, questo è stato il nostro istinto. Uniti, anche nel terrore che stavamo vivendo.
20 maggio 2012 01:13:27 4,1 Finale Emilia
20 maggio 2012 04:03:52 5,9 Finale Emilia
20 maggio 2012 04:06:30 4,8 Finale Emilia
20 maggio 2012 04:07:31 5,1 Bondeno
20 maggio 2012 04:11:46 4,3 Bondeno
20 maggio 2012 04:12:42 4,3 Finale Emilia
20 maggio 2012 04:21:53 4,1 Mirandola
20 maggio 2012 04:25:05 4,0 Bondeno
20 maggio 2012 04:35:37 4,0 Vigarano Mainarda
20 maggio 2012 04:39:10 4,0 Finale Emilia
20 maggio 2012 05:02:50 4,9 San Felice sul Panaro
Una volta in strada – c’era già luce fuori – mi hanno colpito le urla di una ragazza che abita di fronte a noi e che provenivano dalla finestra della sua casa: Aiutooo, aiuto…
Quella ragazza, incinta, era con noi al matrimonio la sera prima: non era capace di muoversi, paralizzata dalla paura.
Tante persone hanno avuto la stessa reazione, non immaginate quante mi hanno raccontato di non essersi mosse da dove erano perchè il loro corpo non rispondeva ai comandi della mente….altre si sono ferite e tagliate mentre correvano nel buio per uscire, altre sono rimaste intrappolate in casa perchè la serratura si era danneggiata, altre sono state colpite da televisori che sono caduti…
ma il peggio è stato quando il Sindaco, dopo mezz’ora, è passato a casa mia per riferirmi che erano già 2 le vittime certe: una in un’Azienda del nostro Comune (avrebbe finito il turno alle 5) e un’altra, padre di famiglia, alla Ceramica Sant’Agostino
.
Questo mi ha lasciata sgomenta.
Siamo saliti in macchina, ho mandato il primo messaggio alla mia amica Elisa, sapendo che forse dormiva da sola… (…le chiamate non si riuscivano a fare perchè le linee erano interrotte) e ci siamo diretti prima dai miei suoceri e poi dai miei nonni e da mio fratello.
I miei suoceri abitano a pochi km: quando siamo arrivati vi era ancora la polvere del magazzino crollato sopra la loro jeep.
Era la vecchia casa del nonno di mio marito.
I miei nonni stavano bene, ma il tragitto dalla mia frazione al Comune non lo scorderò mai:
centinaia le persone in strada, avvolte nelle coperte, con le facce segnate da una paura inspiegabile.
Tutti fuori, a chiedersi perchè. Era una scena surreale e molto triste.
Da mio fratello abbiamo recuperato qualche coperta dove avvolgere i bambini, poi ci siamo diretti a Finale Emilia: non avevamo altra scelta che stare in macchina,
in casa non si poteva rientrare e fuori era paradossalmente freddo.
Finale Emilia era ferita duramente.
Pietre ovunque. Polvere. Macchine sventrate dalle pietre che erano cadute. Il castello e la torre.
Uno scempio dietro l’altro e un dolore terribile nel vedere tutto questo.
Siamo arrivati fino a Sant’Agostino: lungo la strada, la maggior parte dei fienili che abbelliscono le nostre campagne portavano i segni dei crolli ma l’impressione che mi fece vedere
la Ceramica Sant’Agostino non la posso raccontare a parole.
Pareva di cartapesta.
Invece là sotto ci lavoravano degli uomini.
Abbiamo dormito in macchina per le notti seguenti.
Era fine Maggio ma pioveva e di notte faceva un freddo beffardo.
Abbiamo mangiato in macchina. Scongelavo tutto quello che avevo in freezer per non cucinare più. Avevo paura a stare in cucina e questo mi deprimeva tantissimo.
Entravamo in casa velocemente solo per andare in bagno. Le scosse non davano tregua.
Mio marito, come tanti altri lavoratori della zona, era a casa dal lavoro perchè le aziende dovevano ricevere l’agibilità e attivarsi per arginare futuri pericoli inerenti al sisma, nel nostro territorio da tutti descritto come “antisismico”, perchè sotto vi era la sabbia…
a quali storie ridicole abbiamo creduto sbagliando.
Eravamo davvero impreparati.
Il 29 Maggio stavo arrivando in Comune quando la seconda scossa violenta ci ha fatto tremare di nuovo, colpendoci più da lontano, ma riportandoci nel panico e facendoci capire che non ci saremmo liberati presto dalla paura.
Ho chiamato mio marito a casa solo con i bambini, mi ha detto:
” Li ho fatti uscire con il biberon ancora in mano. 
La nostra casa mentre oscillava sembrava di burro.
Ancora una volta quel rumore maledetto, solo più lontano”
Quella notte, la notte del 20 maggio, non sapevamo di essere noi sull’epicentro. Non sapevo cosa fosse il sito dell’INGV, che ora guardo praticamente tutte le mattine, e non mi ero mai interessata di Coc, magnitudo, accelerazione, schede AeDes…

E’ stata un’estate indimenticabile: abbiamo dormito al piano terra, tutti vicini, su materassi di fortuna e con la valigetta sempre pronta. Ci svegliavano le scosse più volte a notte:
l’assestamento durissimo da sopportare
Per quanto si cercasse di rimanere freddi e lucidi il batticuore e la tremarella alle gambe partivano in automatico ed era diventato normale svegliarsi con la paura più volte a notte, pronti a uscire di casa, a prendere in braccio i bambini….perennemente sottoposti ad uno stress emotivo e nello stesso tempo tesi a far pesare loro il meno possibile questo trauma,
 insegnandogli però le prime norme per la sicurezza.
 
I miei vicini dormivano quasi tutti in macchina, molti si sono trasferiti al mare: chi aveva la tenda in giardino, chi il container, chi aveva la casa inagibile ed era ospitato nella tendopoli…
Stavamo ai giardinetti con i bambini fino a tarda notte, non avremmo mai voluto che calasse la sera, ci prendeva una tristezza immane, ci sentivamo una responsabilità enorme nei confronti dei bimbi, e parlavamo tra noi adulti solo di quello: andavamo al forno e si parlava di quello, andavamo al supermercato e tutti ci guardavamo terrorizzati se sentivamo passare un camion, e tutti stavamo per lo stretto tempo necessario nei luoghi chiusi, badando bene ai soffitti e alle vie di fuga…

quasi fino alla fine dell’autunno è stato così…poi, complice il freddo, complice un graduale attenuarsi dello sciame sismico..ci siamo fatti tutti coraggio.
Ma ancora 1500 persone del mio paese non sono potute ritornare nelle loro case.


Non parlo solo per noi, parlo per gli emiliani, tutti, molti più colpiti della mia stessa famiglia, tutti certamente  con una ferita inguaribile dentro. 
Cicatrici insanabili.
Per me e mio marito, di certo, il momento in cui non trovavamo la nostra bambina in mezzo a quel frastuono è stato l’incubo più grande, impossibile da dimenticare.

Ho iniziato questo post dicendo: qualche ora prima…
perchè quelle sono state le ultime ore
della mia vita senza la paura del Terremoto.
Come spiegare la paura di stare in casa per qualche ora da sola con i bambini? La paura ogni mattina quando li lasciavo da mia suocera? La paura mentre facevo la doccia? La paura mentre andavo a prendere qualcosa in cantina? La paura quando io e mio marito ci salutavamo per andare al lavoro? Guardare le nuove stanze, ovunque si vada, ogni volta…e localizzare una via di fuga e un muro portante? Sto usando il passato, perchè mentre scrivo cerco di razionalizzare, ma dovrei essere sincera e utilizzare il verbo presente, perchè purtroppo sono sensazioni che mi accompagnano ancora…
Sentire che la propria casa, da nido si trasforma in insidia…è una perdita di certezze che può portare uno sconforto incontrollabile.
La popolazione ha avuto bisogno di sostegno anche psicologico, ma di certo…ha bisogno di un sostegno anche economico, e politico.

Ci siamo tutti rimboccati le maniche e abbiamo continuato a fare quello che facevamo il giorno prima…ma è un anno dopo…non è come prima..
e le ferite nell’anima sono ancora molto vive.

Vi dico solo che i miei bimbi, quando giocano con le barbie, giocano al terremoto:
tutti fuori!!!”, dicono, e quello con cui stanno giocando la buttano all’aria.

Mamma, ti voglio un bene forte come il terremoto
mi dice sempre Gioele.

E Anais, che è pià grande e molto sveglia, mi chiede spesso:
ma hai fissato quel pensile? Hai incollato il vaso di fiori alla mensola?”
No, Amore, un vaso di fiori non si incolla.
Ma quando è venuto il terremoto è caduto, mamma!

Il terremoto è proprio un birichino
dice sempre Gioele quando passando per strada vede delle macerie a terra

Qualche sabato fa una scossa di 3.8 ci ha colti ancora nel sonno.
Le stesse emozioni, la stessa paura.
E’ li, in un angolo,pronta a risvegliarsi in noi.
A noi che non dimenticheremo mai.
Che non possiamo e non dobbiamo dimenticare.
Mi siete stati tanto vicini, lettori miei, non dimenticherò nemmeno questo.
Forse vi sembro patetica e ripetitiva a parlare ancora di questo Terremoto,
che  i media non hanno curato poi così tanto.
Forse il numero di vittime non è stato così alto, ma sempre di vittime parliamo.
Persone che hanno perso familiari sotto le macerie.
Gente che ha perso il lavoro. La casa.
 L’apparente tranquillità che dà stare tutti insieme sotto ad un tetto quando fuori è buio.
Vi dico solo un’ultima cosa.

Un giorno mentre ero su facebook ho visto le immagini di una cucina, la cucina di un’amica che abitava a l’Aquila….tutto era rotto a terra. Quelle immagini mi hanno ovviamente molto colpita.
Le ho fissate a lungo. Ma altrettanto umanamente, vi dico, non ci ho più pensato perchè è come se a volte ci si dicesse, dentro di noi, “tanto a me non capiterà mai”.
Quelle immagini erano però lì, dentro di me, io non le avevo scordate. Ricordo esattamente tutto.
Vorrei sperare che non ricapiti più a nessuno,
anche se mi rendo conto che è impossibile, la Natura è più grande di noi.
Ma almeno che ciò che è successo ci insegni qualcosa…
ecco perchè ne parlo. Perchè non si dimentichi.
Perchè l’Emilia non sia dimenticata.
Perchè l’Aquila non sia dimenticata
Perchè nessuno lo sia
e venga fatta luce sui fatti
Il 2 Giugno al mio Paese si farà un pranzo comunitario di ringraziamento dove la nostra comunità farà un omaggio a tutti coloro, tanti, che ci hanno aiutato con sincera solidarietà :
 i Vigili del Fuoco  prima di tutto.
Verranno poi inaugurate una mostra personale a scopo benefico e
una mostra fotografica molto toccante.
Verrà accesa una fiaccola del ricordo e della Speranza
che toccherà ogni località del nostro Comune.

Questa notte, prima di andare a dormire, con tutto il carico di emozioni che avremo nel cuore,
accenderemo una candela sulla finestra.

Ricorderemo. 

E dopo tutto, domani mattina, sorrideremo ai nostri bambini,
perchè è doveroso rialzarsi e sorridere al Futuro.