22 Settembre 2016

Tarte pomodori confit e cioccolato fondente

By Aria

Ci sono momenti in cui una canzone, un sapore, un odore…mi colpiscono come un pugno nello stomaco e affiora in me una sensazione, talvolta soprattutto sgradevole, che ho avvertito molti e molti anni prima sulla mia pelle.
Questa mattina, ad esempio, guidando sotto la pioggia, sono riemerse in me sensazioni di quando mi svegliavo presto al mattino per andare alle superiori, sfidando qualsiasi intemperia. 
Nessuno si preoccupava per me come io adesso faccio con i miei figli e io non soffrivo particolarmente per svegliarmi presto, per dover studiare molto, per correre in bicicletta in mezzo al traffico e alla pioggia con uno zaino pesante sulle spalle. No.
Non ricordo il freddo, la fatica, la sonnolenza. No.
Ricordo però bene il disagio dentro di me.
A dire il vero se avessi cercato di rievocarlo con il mio pensiero non ci sarei riuscita, credo: i toni di questo malessere allora così intenso, adesso hanno i contorni sfocati, quelli del passato remoto.
Però il cielo grigio, la pioggia incessante, l’odore dell’asfalto mi hanno ricordato di botto quanto mi sono odiata.
Devo aver iniziato subito dopo la morte di mia madre.
Proprio non mi andavano giù le mie gambe così magre e storte e le costole 
che spuntavano dal mio torace.
Non facevo nessuno sport per evitare di trovarmi in uno spogliatoio con altri coetanei.
Poi è stata l’ora dell’acne giovanile, seppur leggera. Riesco ancora a sentire l’odore del topexan usato a fiotti e il profumo alla mela verde del fondotinta Deborah che usavo per nasconderla.
Davvero..chiudo gli occhi…sento quel profumo come lo avessi sotto al mio naso…e avverto un terribile un vuoto nello stomaco. Potrei quasi piangere. 
Piangere per non essere stata capace di proteggermi e amarmi a sufficienza.
Avevo tagliato i miei capelli in modo che un ciuffo potesse coprirmi sempre metà volto: anche se ormai l’acne era scomparsa, restava la paura di affacciarmi a quel mondo che sentivo tanto ostile.
Non ero mai abbastanza.
Mi sentivo in colpa per tutto.
Mi sentivo sbagliata, inadatta alla vita, 
Inutile.
 Per gli altri, ovviamente. E di conseguenza per me. 
Schivavo gli sguardi, misuravo i sorrisi, mi rifugiavo nei libri anzichè nelle chiacchiere con i miei amici. Non avevo amici.
Credo che tutto questo mi abbia reso una persona migliore, ma non saprei dire se il prezzo che ho pagato è stato congruo.  A volte ho rinunciato a me stessa.
Poi, non so cosa mi ha cambiato. La musica che ascoltavo, forse. Le parole di Anais Nin. La voglia di vivere e prendermi una rivincita. E così, come un bruco, mi sono trasfermata in una farfalla.
Non sono diventata bella, no. Ma ho accettato di essere quella che ero. 
Unica, e gradevole a me stessa. Ho imparato a valorizzarmi, a realizzarmi, mi sono fatta la riga in mezzo alla testa e da allora ho lasciato la mia fronte e il mio viso scoperti.
A prendere le gocce di pioggia, di lacrime e di vita. E farle scivolare giù….imparando che non esiste un temporale che non abbia fine. E spesso, proprio mentre la pioggia lascia il posto ad un timido raggio di sole, la sopresa è vedere un arcobaleno di poesia e colori che altrimenti non sarebbe nato mai.
Se potessi tornare indietro e proteggere quella bambina come fosse mia figlia…vorrei dirle che nulla è sbagliato. Vorrei dirle che non deve avere paura degli altri, e non deve sentirsi di meno. Non deve guardare solo il riflesso nello specchio. Non deve dar peso ai pregiudizi o alle risatine per ferirla.
 Non deve avere paura di dire quello che pensa. Non deve temere di non valere abbastanza. 
Deve solo concentrarsi per capire cosa desidera per essere felice…e correre verso quella meta…
…per fortuna che alla fine l’ho fatto!
E’ vero che l’estate ha ceduto il passo all’autunno, ma quando smette la pioggia potreste ancora trovare qualche ciliegino o datterini baciato dal sole….facciamolo finire in una torta, perchè le cose più belle sono quelle che non ci aspettiamo, e non dovremmo temere così tanto i cambiamenti, che alle volte sono la nostra unica grande salvezza.
Ingredienti
(ricetta ispirata da qui
Ringrazio Loredana per avermela fatta scoprire)
ps: io l’ho fatta con dei ciliegini dell’orto veramente dolci….non usate pomodori acerbi!
badate alla buona qualità del cioccolato
la torta da il meglio di sè dopo una notte di riposo…
…ovvaimente…è per chi ama osare il cambiamento!
per la pasta sucrée
250 g di farina 00 bio
100 g di burro tedesco
100 g di zucchero a velo
2 uova bio
Ingredienti ganache
250 g di panna fresca
250 di cioccolato amaro di qualità
50 g di burro salato
500 g di pomodorini ciliegini
una presa zucchero di canna
un filo d’olio d’oliva

Procedimento
Lavare i pomodori, tagliarli a metà e posizionarli su una teglia da forno coperta da carta da forno, con il centro rivolto verso l’alto.
Spolverare di zucchero e versare un filo d’olio, cuocere in forno statico per circa un’oretta, facendoli caramellare.
Preparare la pasta sucrée disponendo la farina e lo zucchero in una ciotola, unendo il burro morbido a tocchetti, impastando un pò con la punta delle dita, unendo poi le uova una alla volta.
Impastare fino ad ottenere un panetto omogeneo, che andremo a porre in frigo, almeno due ore.
Trascorso il tempo, imburrare ed infarinare uno stampo da tarte cpon fondo amovibile, o uno stampo a cerniera da 20 cm.
La pasta va cotta per venti minuti in bianco con dei legumi sopra e poi altri 10 minuti eliminando i pesi.
Per la ganache portare a bollore la panna e poi, lontano dal fuoco, sciogliervi dentro il cioccolato, e infine il burro e il miele.
Ora il dolce va composto ricoprendo la base della torta di ciliegini confit, con la base tagliata verso il basso, e ricoprendo questi con la ganache.
Conservare in frigo fino al momento di servire.
 
Così, per ricordarci che sotto le apparenze si nasconde qualcosa che a volte non si riesce ad immaginare